La legge lo chiama anche “equa indennità”: è il compenso riconosciuto al danneggiato, qualora l’autore stesso del danno sia sollevato dall’obbligo di procedere all’integrale risarcimento (perché ha agito in stato di necessità o per incapacità dovuta a infermità). In questo caso, il risarcimento è pagato appunto dall’assicurazione e per questo indicato con la parola “indennizzo”.
E' la cifra massima che l’assicurazione si impegna a pagare nel caso di un determinato danno previsto dalla polizza. Se il danno supera quella cifra, l’assicurazione non lo copre interamente ma solo per quanto è indicato dal massimale stesso. Per questo si scelgono massimali sempre piuttosto alti, in previsione di danni anche ingenti. Esiste il massimale per il furto e per il contenuto della casa, per lo scasso di porte e finestre, per l’incendio della casa, etc . Più i massimali sono alti, più è alto il premio della polizza.
E' il costo della polizza, da pagare annualmente o in più rate (con eventuale applicazione di addizionali, cioè gli interessi relativi ai tempi di frazionamento), a seconda degli accordi presi tra contraente e assicuratore. Ovviamente il premio è pagato dal contraente alla compagnia assicurativa.
E' il tetto minimo sotto il quale la compagnia assicurativa non risarcisce il danno. Nel caso dell’assicurazione per la casa, la franchigia può riguardare i danni che si verificano con maggiore frequenza, come spargimenti d’acqua e ricerche del guasto, fenomeni elettrici, eventi atmosferici e vandalici; questa voce non è eliminabile dal contratto. Bisogna tener presente che più è alta la franchigia, più risulta basso il premio della polizza assicurativa.
Nel nostro sistema giuridico vige il principio per il quale ciascuno deve comportarsi in modo tale da non ledere la posizione altrui. Si definisce, infatti, danno quel pregiudizio che deriva da un comportamento colposo (ossia causato da negligenza, imperizia o imprudenza) o volontario di un altro soggetto. Se questo danno è ingiusto, cioè non c'è una norma che autorizza o impone quel determinato comportamento, allora la legge impone che l'autore del comportamento sia obbligato a risarcire il danno stesso. Il danno può derivare da un comportamento materiale tra due soggetti che non sono legati da alcun rapporto precedente, come accade nel caso del sinistro stradale. In questi casi il danneggiato, per potere ottenere il risarcimento, oltre a provare l'esistenza di un danno e il fatto che questo deriva da un comportamento di un terzo, dovrà dimostrare anche che questo comportamento è stato negligente. Tecnicamente si dice che il danneggiato deve provare la colpa dell'agente. Tuttavia il danno può anche essere la conseguenza dell'inadempimento di un contratto. In questi casi il danneggiato potrà limitarsi a contestare alla su controparte una condotta negligente provando che da questo comportamento è derivato un danno.
Infine, vi sono delle situazioni nelle quali anche se le parti non sono legate da alcun contratto si ritiene che, per effetto del particolare rapporto che viene ad instaurarsi tra di loro e del contesto in cui ciò matura, i loro obblighi siano regolati come se esse avessero stipulato un contratto. In caso di violazione di questi obblighi si parla quindi di responsabilità da “contatto sociale”.
È il caso, ad esempio, del rapporto che lega il medico e la casa di cura al paziente (errore medico).
Va comunque sempre tenuto presente che il danno può essere risarcito solo se esso è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante. Per questo motivo chi intende richiedere il risarcimento deve sempre dimostrare che il pregiudizio si trova in rapporto di causa-effetto rispetto alla condotta del danneggiante. Si parla in questi casi di prova del nesso causale.
Il danno va in ogni caso dimostrato sia sotto il profilo della sua sussistenza sia sotto il profilo della sua quantificazione.
Può accadere tuttavia che a fronte alla prova certa della presenza di un danno non sia possibile quantificarlo. In questi casi il Giudice può procedere ad una quantificazione secondo principi di equità: la cosiddetta valutazione equitativa del danno. Si precisa che questa regola presuppone sempre che sia dimostrata l'esistenza di un danno, non potendo il Giudice utilizzare i suoi poteri equitativi per accertare la sussistenza del pregiudizio la cui prova sarà sempre onere del danneggiato.
Si definisce “danno patrimoniale” la lesione che un soggetto subisce al proprio patrimonio e che è immediatamente e naturalmente valutabile in termini monetari.
Il danno patrimoniale si distingue in danno emergente con lesione diretta del patrimonio del danneggiato e in lucro cessante con lesione del patrimonio in prospettiva (mancati guadagni).
Il danno non patrimoniale consiste nella lesione di un bene della vita che non può essere oggetto di quantificazione economica (onore, salute, vita di relazione, dolore che segue alla perdita di una persona cara, ecc.).
La possibilità di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale è disciplinata dall'art. 2059 del codice civile che è oggi interpretato nel senso di consentire il risarcimento dei soli pregiudizi che seguono alla lesione di una posizione riguardante la persona e che trova un riconoscimento nella Costituzione.
La Cassazione ha chiarito che pur spaziando in diversi ambiti (danno biologico, danno morale, danno esistenziale) il danno non patrimoniale è una categoria unica e indivisibile e che i profili che in precedenza venivano utilizzati per effettuare questa distinzione hanno la sola funzione di individuare dei parametri per la quantificazione del danno non patrimoniale a patto che incidano su beni della vita che sono riconosciuti e tutelati dalla Costituzione.
Nell'ambito dei danni non patrimoniali è compreso il danno da lesione della salute, detto danno biologico, particolarmente conosciuto perché viene normalmente liquidato nella maggior parte delle procedure che derivano da un sinistro stradale nel corso del quale si sono verificate delle lesioni. Si pensi al caso dell'investimento del pedone.
Il danno biologico ha trovato la sua prima definizione nell'ambito della disciplina delle lesioni derivanti da sinistro stradale, ma questa categoria si applica a tutti i tipi di lesioni causati dall'altrui comportamento imprudente.
Si pensi al caso dell'errore del chirurgo che causa una invalidità al paziente in seguito all'esecuzione non corretta di un intervento. Ovviamente la lesione alla salute può anche riguardare la sfera psichica del danneggiato quando questo, a causa del comportamento illecito di altri, matura una patologia psichica.
Normalmente per la valutazione circa l'esistenza e l'entità di un danno alla salute si ricorre ad un'apposita perizia medico legale.
La valutazione del danno biologico tiene in considerazione:
il periodo di durata della malattia: il tempo che va dal verificarsi del danno al momento della guarigione o al momento in cui le terapie non sono più in grado di migliorare la situazione del danneggiato (si parla in questo caso di invalidità temporanea);
le eventuali conseguenze permanenti che non sono eliminabili neppure continuando le terapie e che quindi il danneggiato subirà per il resto della sua vita (si parla in questo caso di invalidità permanente).
Il grado dell'invalidità permanente viene valutato attribuendo un punteggio percentuale. La monetizzazione di questi parametri si effettua applicando delle specifiche tabelle che prevedono una somma di denaro per ogni giorno di invalidità temporanea e per ogni punto percentuale di invalidità (somma che varia a seconda dell'età del danneggiato).
Per quanto riguarda i fatti che danno origine ad una invalidità non superiore al 9% si fa riferimento alla tabella prevista dall’art. 139 del Codice delle Assicurazioni Private (cd. lesioni micropermanenti). Per le invalidità superiori al 9% si fa invece riferimento ad una tabella predisposta dal Tribunale di Milano che viene ritenuta applicabile a tutto il territorio nazionale.
Altra forma particolare di danno non patrimoniale è rappresentata dal danno che deriva ai parenti più stretti per la perdita di una persona cara.
Si pensi all'ipotesi di una persona che muore in un incidente stradale e al dolore e alla perdita che questo fatto genera per il coniuge e i figli.
In questo caso il danno viene liquidato facendo riferimento alle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano che individuano delle somme minime e massime per ciascun parente stretto. Più complessa è la questione (che si è posta diverse volte all'attenzione della Giurisprudenza) del diritto al risarcimento per il danno biologico consistente nel danno da perdita della vita da parte del defunto. In particolare ci si è chiesti se gli eredi possano pretendere, appunto nella loro qualità di eredi, di ottenere le somme che sarebbero spettate al caro estinto a titolo di risarcimento del danno biologico (per utilizzare una terminologia volutamente vaga) da perdita della vita. Su questo punto occorre fare alcune distinzioni.
Nell'ipotesi in cui il decesso sia contestuale alle lesioni (oppure nel caso in cui tra le lesioni ed il decesso non trascorra un lasso di tempo tale per cui il ferito sia in grado di rendersi conto di essere sul punto di morire) la Giurisprudenza è assolutamente univoca nel ritenere ch il diritto al risarcimento del danno da morte non faccia in tempo ad entrare nel patrimonio del soggetto defunto e che pertanto gli eredi non possano vantare alcuna pretesa come eredi.
Essi potranno quindi unicamente pretendere, in via diretta, il risarcimento per il danno da perdita di persona cara di cui si è parlato in apertura del presente paragrafo. In questo senso si sono espresse più volte le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. SS.UU. n. 15350/2015, Cass. Civ. SS.UU. n. 26972/2008 e Cass. Civ. SS.UU. n. 3472/1925) nonché la Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 372/1994).
La soluzione è invece differente nell'ipotesi in cui tra le lesioni che condurranno alla morte ed il decesso trascorra un lasso di tempo nel quale il ferito si renda conto delle sue condizioni e dell'avvicinarsi della morte.
In questo caso si parla di danno tanatologico o di danno catastrofale per indicare il danno che il soggetto (che non è ancora deceduto) patisce in quello specifico (per quanto breve) momento terminale della sua vita.
Questo danno (o meglio il diritto al suo risarcimento) entra nel patrimonio del defunto e gli eredi potranno pretendere di ottenere (nella loro qualità appunto di eredi) le relative somme.
La legge prevede che chiunque causa ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Il risarcimento è l'attività imposta dalla legge per riparare ad un danno ingiusto, l'indennizzo è previsto in quei casi in cui non viene causato un danno ingiusto (e quindi non vi sarebbe alcun obbligo di risarcire i pregiudizi creati), ma la legge ritiene comunque opportuno che il soggetto leso riceva una somma per equilibrare una situazione che rischierebbe di diventare ingiusta.
L'esempio più tipico è rappresentato dall'indennizzo previsto dall'art. 2045 del codice civile che stabilisce che chi causa ad altri un danno per salvare se stesso o altri dal pericolo di un danno grave alla persona (sempre che il pericolo non sia stato causato da lui) non è tenuto al risarcimento. Resta inteso che il giudice può comunque riconoscere una somma al danneggiato a titolo di indennizzo (“stato di necessità”).
Conosciuto anche come risarcimento diretto è una speciale procedura di liquidazione per danni derivanti da un sinistro stradale.
Questa procedura è stata introdotta dal Codice delle Assicurazioni private (D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209) e per essere applicata necessita di determinate condizioni. Gli obiettivi posti con l’introduzione di questa procedura sono di fatto quelli di consentire al danneggiato di ottenere un risarcimento in tempi brevi mettendo la Compagnia assicuratrice nelle condizioni di rispettare queste tempistiche e di formulare un’offerta evitando il contenzioso davanti al Giudice.
Il risarcimento diretto è comunque una procedura facoltativa per il danneggiato.
La procedura di risarcimento diretto non è attivabile in sinistri che coinvolgono:
La procedura di indennizzo diretto non può essere applicabile nei casi in cui :
Se l’incidente non rientra nei casi in cui l’indennizzo diretto non può trovare applicazione il danneggiato deve formulare una richiesta di risarcimento alla propria Compagnia assicuratrice.
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